NOTE DI LAVORO

dal catalogo della mostra collettiva “Clinamen”, Roma 1977 
"La norma è ormai quella di individuare via via quello che è ancora possibile attraverso la disciplina dell’arte. Il flusso complesso del reale conduce a risultati invisibili ma estremamente concreti, come i vettori di una energia sotterranea, e finisce per segnare le strade transitabili e quelle proibite. La capacità del singolo sta nel saperle percorrere.


Tutte le direzioni della ricerca artistica sono caratterizzate dalla esigenza di una estrema autocoscienza, da un abbandono di ogni illusione istintuale, dal disincanto della ragione ed infine da una accentuata caratterizzazione di lavoro più che di creazione, con il quale vengono caricati ogni operazione ed ogni oggetto prodotto.
Combinando progettazione e programmazione, accentuando il distacco emotivo, e con il pesar sempre meno della propria personalità e d’ogni indugio “poetico”, l’artista accetta di essere presente nell’opera non per grandi scelte rivelatorie, ormai impossibili, ma per l’impegno e lo sforzo intellettuale che mette in atto nel fissare la direzione in cui muoversi, per la scelta dei materiali con i quali operare (quanti materiali non sono più sopportabili, perché troppo carichi di una storia che ne determina l’uso ed il risultato a priori?), ed infine per il rigore di una conduzione tecnica che sia perfettamente integrata allo spirito della ricerca stessa: “la logica della verità è la via per entrare nella verità estetica”, come dice Adorno. Anche così dipingere rimane un modo segretissimo e personale di filosofare lavorando. In esso il rapporto con la struttura sociale e mondana non può rivelarsi per richiami diretti, ma il “filosofare” consiste proprio in un continuo rapportarsi ai limiti, alle ragioni, alle possibilità residue, che lo spirito del tempo detta alla ragione. 

Ricerca, così intesa, è perciò la continua rimessa in questione dei propri programmi di lavoro, dei risultati acquisiti ed insieme del proprio giudizio sulla realtà".



L’inevitabile nel processo estetico non è…
in contraddizione con la sua
programmazione. E’ proprio
la programmazione anzi che fa entrare
nella coscienza ciò che è inevitabile…
Per la produzione estetica l’epoca
dell’anima sembra esser ormai trascorsa
Max Bense


Tutti i suoi momenti, spirito compreso,
l’arte deve distillarli dall’uniformità,
e tutti trasformarli. Con la sua pura
e semplice differenza dall’uniformità
essa ne è a priori la critica anche lì dove
le si adatta…
Il contenuto di verità delle opere d’arte
va giudicato in base alla misura in cui
esse sono capaci di configurare l’altro
procedendo dal sempre-uguale.
Theodor W. Adorno



Da appunti sparsi, date indefinite
"Credo che siamo abbastanza convinti che la strada della imitazione del reale sia finita, ma è finita anche una certa arte astratta che tende a creare forme conchiuse, che a loro modo dicono e indicono qualcosa. 


Unico spazio rimasto è il territorio di una continua sperimentazione per successive fasi che volta a volta si affrontano, si approfondiscono, poi si abbandonano collegandole ad una propria (ed anche collettiva) maturazione culturale, a successive scoperte che rinviano alla realtà umana generale, alla sua condizione generale di esistenza. Ogni fase è l’abbandono di una ipotesi vecchia – se vuoi di una vecchia illusione e via via il territorio si restringe, elimina i riferimenti naturalistici e sentimentali – diventa antiretorico – e accetta un operare estremamente rigoroso, se vuoi estremamente semplificato, e rarefatto, se pure intenso – ma di non fare discorsi o di raccontare storie.
Il curriculum di un artista oggi è quindi una “via crucis” di continue rinunce per non perdere questo rapporto con l’esistenza di oggi, che è nella realtà estremamente dura e severa e non consente giochi e divagazioni illusorie.
Domani? Andare avanti nella sperimentazione; non fermarsi, perché si è paghi di aver raggiunto un qualche risultato nella costruzione di oggetti artistici finiti; ma respingere come pericoloso questo stato d’animo.
Rinnovare, ricercare e, contemporaneamente, avere un occhio estremamente aperto sulla realtà del mondo, sulla cultura umana come si va configurando ed anche sulla vicenda politica, che è il segnale più esplicito di questi rapporti umani complessi.
A questo punto potrei dire che dipingere è allora sempre più difficile via via che si procede a meno che non si inganni se stessi e gli altri.

Il discorso deve girare attorno ai significati

- richiamarli

- evocarli

- simboleggiarli

ma non toccarli.

Una costruzione di forme, che sfuggono con pudore ad un senso esplicito, pur contenendolo, come un involucro, una borsa, un pacchetto “contengono” qualcosa che non si vede (ma a quel “qualcosa” aderiscono e si adeguano).

Il “qualcosa” è la continua storia di quello che si vorrebbe essere, dell’inappagabile, del fallimento di sé ogni minuto.

Come la vita non lo rivela così non lo rivela nemmeno l’opera – ma lo aggirerà continuamente".

“…approfondire in modo sempre più autentico e disincantato le ragioni del lavoro di pittore, dentro questo nostro tempo, il quale impone a tutti – e non soltanto ai più giovani – un rigoroso metodo di tensione nella ricerca, che sia in grado di mettere in crisi ogni volta il già fatto, acquisendo dati nuovi da sottoporre a loro volta a successive verifiche…”

“… il valore di un’opera d’arte sarà tanto più grande quanto più sarà detta in un linguaggio autentico, personale, inventato, e non ripetendo segni che sono ormai entrati nella mente come simboli generalizzanti (e questo può avvenire anche solo prendendo a prestito qualcosa di un artista che ci ha preceduto o anche di se stessi)…”

“… Scegliere la strada della ricerca non comporta un processo di tranquilla accumulazione di esperienze; al contrario l’unico “progresso” e momentaneo soddisfacimento è frutto di dure operazioni di eliminazione e di decantazione. E’ in questa continua riduzione di spazi operativi, che recide inesorabilmente motivazioni esterne, spinte emozionali e intenzioni comunicative

“L’artista accetta di essere presente nell’opera non per grandi scelte rivelatorie, ormai impossibili, ma per l’impegno e lo sforzo intellettuale che mette in atto nel fissare la direzione in cui muoversi, per la scelta dei materiali con i quali operare (quanti materiali non sono più sopportabili, perché troppo carichi di una storia che ne determina l’uso ed il risultato a priori?), ed infine per il rigore di una conduzione tecnica che sia perfettamente integrata allo spirito della ricerca stessa…”

"Bisogna riversare tutta la saggezza possibile in un'opera di pazzia!"